mercoledì 13 maggio 2015

Gib alles! - Il racconto della mia Haspa Marathon Hamburg

Ciao a tutti!
Haspa Marathon Hamburg, 26 aprile 2015, edizione numero 30. Una storia di acque, quella della pioggia che cade sul corpo dei maratoneti, e del sudore, che dal loro corpo esce. Una storia che si scrive in una grande città che vive di e sull'acqua. Una maratona è una storia fatta di tante storie, fatta di tante vite, di battaglie e di vicende personali. È una storia che si fa fatica a raccontare in parole, bisognerebbe viverla per capire fino in fondo. Io ci provo in queste righe...

Arrivo! 3h15'43"

La storia di questa maratona in fondo inizia dodici ore prima dello sparo del via. Apro la finestra della mia camera e tuona forte lo scroscio della pioggia. Non so se è un bene o un male. Se è vero che una pioggia notturna può rinfrescare l'ambiente, va detto che non è confortante andare a letto non sapendo se questa pioggia terminerà o no. La notte scorre tranquilla e al risveglio ci sono tante nuvole ma non c'è presenza di pioggia. Una ricca colazione e poi ci si veste. Ci va molto più di tempo di quello che può sembrare: ogni cosa va fatta con cura. Due ore prima dello sparo, esco dal residence verso la fermata della metro di Straßburger Straße. La banchina di questa fermata è deserta. O quasi: alle 7 di mattina siamo in quattro a calcare questo cemento, e siamo tutti podisti, inconfondibili con le borse rosse dell'organizzazione. Passa il primo treno, ed è già pieno. Solo maratoneti. Ad ogni stazione, il numero di podisti aumenta sempre di più. Quando dalla linea U1 si deve cambiare alla linea U2 non c'è bisogno di capire che direzione bisogna prendere nell'intricato ma perfettamente segnalato sistema metropolitano amburghese. C'è una fiumana di podisti che si apprestano a raggiungere la zona fieristica di Amburgo dove sono posti partenza ed arrivo della maratona, e pare infinita. Fuori dalla metropolitana poi, è il caos. Un caos organizzato, questo va detto, ma la quantità di folla è impressionante. Fortunatamente, la Hamburg Messe è così grande che anche 19.000 podisti fanno fatica a riempirla. In questa zona avviene un po' di tutto, come è solito in queste occasioni. C'è chi si concentra solitario - come il sottoscritto - e provvede agli ultimi dettagli (chip, vaselina, gel riscaldanti). C'è invece chi preferisce spezzare la tensione in gruppo, magari con un selfie. Io, come detto, appartengo alla prima categoria. Anche fossi venuto ad Amburgo in gruppo, credo che sarei stato molto taciturno nei momenti prima del via. Credo che sia più che comprensibile. La maratona non è la mia vita, ma rimane qualcosa alla quale do molta importanza: adoro fare bene qualsiasi cosa, a maggior ragione una gara di 42 chilometri.

La partenza della 30. Haspa Marathon Hamburg

Rimango seduto per terra, immerso nei miei pensieri. A spezzare la tensione è una conversazione Whatsapp, ovviamente con Giulia, proprio come due anni e quaranta giorni prima, in occasione della maratona di Barcellona. Sono le 8 di mattina, ma lei è già sveglia, pronta a starmi vicino il più possibile. Non poteva venire ad Amburgo con me questa volta, mi sono promesso che la prossima volta correrò anche in funzione dei suoi impegni. La sua presenza è sempre importante. Lo è durante i mesi di allenamento, lo è ancora di più nei giorni della gara.

Il lungo cordone di maratoneti

Consegno la borsa ai bambini addetti allo stoccaggio degli effetti personali dei podisti e inizio lo stretching. Non so se esagero troppo, ma sento un polpaccio che non va. Come se si fosse stirato un pochino. È solo un fastidio, ma i "fantasmi della maratona" sono pesantissimi pochi minuti prima della partenza. Mi tengo questa seccatura e mi preparo per andare verso la zona della partenza. Il giro che i maratoneti devono compiere per raggiungere la propria gabbia è abbastanza intricato e a tratti diventa una sorta di gimkana tra la coda di podisti pronti per i 42.195 chilometri e le code di atleti ancora diligentemente in fila per liberarsi degli ultimi liquidi in eccesso. Quando riesco ad entrare in Karolinenstraße, che vista in direzione sud è in leggera discesa, il colpo d'occhio è meraviglioso. Siamo tantissimi a riempire Amburgo. È uno spettacolo incredibile. Trovo la mia gabbia (è la quarta, sono un podista veloce, eh eh) e aspetto. Mancheranno ancora 5-6 minuti.

Sul Jungfernstieg

Proprio in quel momento, sento le prime gocce di pioggia. "Merda" è il mio primo pensiero. Proprio alle 9, proprio alla partenza, doveva cominciare a piovere? "Va beh", mi consolo, "sono solo poche goccerelline". Arriva l'ora dello sparo (tutto molto scenografico, con palloncini bianchi e rossi, i colori di Amburgo) e la tensione è tremenda. Basta fare poche centinaia di metri ed effettuare la prima curva a destra, per capire che la pioggia che scende è pioggia vera, pioggia che bagna. Il rimpianto cresce per il berrettino che ho lasciato nella borsa, portato con me nel caso il tempo si facesse brutto (fino a venti minuti dalla partenza).
Il primo chilometro non è dei più facili. Il polpaccio continua a dare fastidio, piove. C'è tensione, nervosismo. Ho un po' di mal di testa. Correre col mal di testa non è facile e spero che passi in fretta. Intanto stacco i primi mille metri in 4'55"/km. Va bene perché è il primo, ma ora mi tocca accelerare, so di dover correre a 4'37"/km per chiudere in 3h15', obiettivo personale di questa maratona. Inizio ad accelerare sulle leggere salite (leggere perché siamo all'inizio) di St.Pauli, lungo il "miglio del peccato". Non accelero spingendo a tutta, prima mi porto intorno a quello che vorrebbe essere il ritmo gara, e poi corro costantemente fino al km 7 tra 4'30" e 4'35"/km. Ho fatto bene i conti e il mio eccellente passato in matematica mi permette di sapere costantemente quanto sono avanti o dietro la soglia che mi consentirebbe di tagliare il traguardo in 3h15'. Ce ne sono tra i 20 e i 30 circa. E "purtroppo", rimarranno sempre.

Benedette/maledette banane

Solo dopo la meravigliosa sulla Elbchaussee credo di essere stato vicino ad una media gara perfetta per chiudere nell'obiettivo prefissato. È il km 11, poco dopo un confusionario rifornimento, la strada scende improvvisamente verso St.Pauli Fischmarkt: una curva e controcurva in discesa, larghissima, perfetta per rilassare un po' le braccia. Il tifo qui è tremendo, la folla è impazzita. St.Pauli Fischmarkt è probabilmente l'apoteosi del tifo di Amburgo. I tifosi sono ovunque, anche sui ponti che scavalcano questa arteria di Amburgo, una delle più suggestive: a destra il porto, di fronte l'inconfondibile sagoma della Elbphilharmonie. Il passaggio è un po' stretto per via di alcuni lavori, il rettilineo non è perfetto ma tende a svoltare leggermente: la linea blu, tracciata dagli organizzatori sull'asfalto per indicare la traiettoria più lineare, è il metodo migliore per non aggiungere metri ai metri.

Verso la Elbphilharmonie

Superato il porto, ci si introduce nella Speicherstadt. Su Bei den Mühren, la via che segna il confine tra la vecchia Speicherstadt e il centro storico di Amburgo, c'è molta meno folla e si può correre molto tranquillamente. Di lì a breve si dovrebbe svoltare verso il centro storico, passando di fronte alla stazione. Così credevo guardando il tracciato della maratona. Invece si imbocca un sottopassaggio lunghissimo che termina in corrispondenza del Binnenalster, il lago al centro di Amburgo. Si evita una salitella, ma correre al buio, in un ambiente saturo di umidità, ed uscire con i dati del cronometro sballati non è un qualcosa di positivo.
Se da una parte il Binnenalster ha rappresentato uno dei momenti più spettacolari della corsa, in quanto è il fulcro della città, dall'altro lato è coinciso con uno dei momenti più critici della corsa. Qui ho incontrato la massima intensità nella pioggia, anche un po' di vento sul ponte tra i due laghi, il Binnenalster e l'Außenalster. Dopo il ponte, si gira a destra e si punta verso nord: si corre sulla sponda destra dell'Außenalster, su una strada che inizia lentamente ad infittirsi di pozzanghere. Voglio seguire la linea blu per mantenere sempre la traiettoria migliore ma non è banale, se di mezzo ci sono tutte queste pozzanghere. Inzupparsi le scarpe potrebbe essere letale, e non ho ancora raggiunto la mezza maratona.

Sorriso di fatica

In Sierichstraße cade il km 20 e da un'occhiata al cronometro mi accorgo che mancano sempre quei fottuti 15-20 secondi. Il rettilineo in discesa non mi avvantaggia, complice un altro rifornimento caotico. E poi ci pensa il percorso a mettere i bastoni tra le ruote: curva a destra per entrare nel quartiere di Winterhude, una zona molto verde con molte curve e numerosi strappi. Qui tenere il ritmo gara è cosa difficile e infatti non a caso faccio un passaggio a 4'40"/km. Inizio a rendermi conto che forse non è ancora la volta buona per tentare di fare questo tempo. Riprendo coraggio a Barmbek, uno dei quartieri più vivaci di Amburgo. C'è molto entusiasmo sulle sue strade, aumento ancora il ritmo e recupero qualcosa. Provo a puntare qualche "lepre", chi lo può sapere che non mi possa portare all'arrivo... Per qualche chilometro funziona, ma un rifornimento è ancora una volta letale (e le lepri spariscono). Fuhlsbüttlerstraße è una strada lunga, eterna, in falsopiano. O forse no? Inizio a perdere un po' di lucidità e non riesco veramente a capire quanto sia veramente la strada ad impennare o siano le mie gambe a non averne più. Troppo forte fin da subito? 3h15' è un obiettivo troppo ambizioso?

St.Pauli Fischmarkt

Sono quasi ventotto i chilometri percorsi quando entro nel quartiere di Alsterdorf. Il rifornimento è tremendo.
Stavolta il pezzo di banana è letale. Mi si pianta sullo stomaco come un macigno e ci va molto a smaltire il suo effetto malefico. Me ne accorgo anche a livello cronometrico: 4'48"/km è un bel fardello da recuperare. Quando si gira in Rathenaustraße, un lungo rettilineo che affianca a destra l'Alster, viene voglia di mollare. Vedo l'obiettivo sfumare, penso che forse è ora di condurre a termine la maratona in maniera dignitosa, senza strappi e - a meno di imprevisti improvvisi - verso un nuovo personale. Però la maratona è lunga 42,195 chilometri e puoi dire che è finita solo quando è finita. C'è sempre margine per grandi sogni e grandi delusioni quando si corre una simile gara. Basta una curva a sinistra per ritrovare la grinta che serve per alimentare il sogno. Quando entro nel quartiere di Ohlsdorf è un mezzo delirio di folla festante. Gente con i tamburi, bizzarri personaggi che pompano musica dalle casse di casa propria, è un'acclamazione continua. Impossibile non accelerare in quei momenti. Si, ritrovo l'agonismo perso negli ultimi due-tre chilometri. Immagino che la mia espressione in quei momenti sia stata arcigna, truce, tipica del combattente che non ha smesso di battagliare per portare a casa la propria vittoria.

Zug

La carica di Ohlsdorf è come un'iniezione intramuscolare di adrenalina. Ho voglia di dare tutto, e pazienza se crollerò. Io ci avrò provato. Impongo un ritmo forte e ci riesco, a dispetto di due gambe che alzerebbero volentieri bandiera bianca. Tra il km 32 e il km 35 corro ad un passo tra 4'28" e 4'36"/km. Recupero qualcosa, ma so in cuor mio che sarebbe un mezzo miracolo per riuscire a chiudere entro 3h15'. Maienweg, un altro lunghissimo rettilineo mi vede correre forte ma inizio già a soffrire. Al termine di questo corso se ne apre un altro, ancora più largo, Alsterkrugchaussee. Inizia in salita. "Non è il primo, ma non sarà l'ultimo", penso. È enorme, ma è molto ondulato, nei tratti in leggera discesa si può vedere molto a lungo. C'è spazio per fare molti sorpassi (e così faccio). Continuo a crederci. La tanta gente presente sul percorso aiuta a non mollare, ma è con la testa che si va avanti ormai, se si vuole arrivare in fondo. Le gambe avrebbero già chiesto di fermarsi qualche chilometro fa.

La faccia "truce"

A Eppendorf, quando il mio cronometro segna 37,5 chilometri percorsi si inizia - finalmente - a vedere la Fernsehturm. Laggiù è l'arrivo, la fine di una immensa fatica, la concretizzazione di mesi passati a sognare. Ma è ancora così terribilmente lontana. Ci sono ancora cinque chilometri da correre. Eppendorf è l'apice del massimo sforzo profuso. Chiudo il chilometro 37 in 4'32"/km. Analizzando i tempi mi accorgo di essere stato proprio a cinque chilometri dall'arrivo, vicinissimo alla soglia desiderata. Non lo posso sapere ancora, ma i miei sogni di chiudere in 3h15' terminano qui. Perché nel momento in cui mi avvicino al lago, i tempi iniziano di nuovo ad alzarsi. Le cosce iniziano a pagare profumatamente lo sforzo e le energie in corpo sono ormai pochissime. Cerco qualche lepre occasionale, ma non serve. Quando sei al fondo, quando non sai più che cosa spinge un atleta a correre ancora, e ancora, e ancora, ed è difficile trovare un appiglio. Inizio a pensare ai percorsi di casa, quelli che mi hanno formato come podista, quell'anello attorno al mio paesello calcato centinaia di volte. Continuo a ragionare sulle distanze alle quali sono abituato negli ultimi mesi. Al km inevitabilmente penso che c'è ancora la distanza Schweinfurt-Mainberg da percorrere. E aggiungo: "là è peggio, è tutto un lunghissimo ed eterno rettilineo". Qui no, qualche curva aiuta a ritrovare morale.

Passaggio in pieno centro

C'è una curva a 90° verso destra. Mi ritrovo su una stradina, molto stretta se confrontata con l'ampiezza dei viali che caratterizzano Amburgo. Si ricomincia a salire, bisogna riprendere quota in prospettiva dell'arrivo. La stradina diventa corso e capisco che non siamo lontani dalla fine, attorno inizia a intraversi molta vegetazione: siamo in Dammtordamm e quello che ho sulla destra è il giardino botanico di Amburgo. L'arrivo è vicino, un sussulto di orgoglio mi fa chiudere il chilometro 40 in 4'41"/km. Non crollo, non corro oltre i 5'/km, non mollo, voglio arrivare alla fine senza avere rimpianti, conscio che quello che si poteva fare l'ho fatto come meglio non si poteva. Dammtordamm ha la sua naturale prosecuzione in Gorch-Fock-Wall, un corso che piega costantemente verso sinistra e in leggerissima, ma a questo punto tremenda, salita. Ahimé, è uno strappo che pago caro, al termine del km 42 il mio cronometro segna impietoso 4'55"/km. Lo sapevo già, ma devo mettere da parte ogni ambizione di toccare 3h15'.

Il dettaglio dei miei tempi

Quando svolto per l'ultima volta so che nulla mi può togliere una grande gioia. Non chiuderò la mia sesta maratona come avrei voluto e sperato, ma la soddisfazione enorme che proverò di lì a breve sul traguardo di Karolinenstraße è di quelle che non si potranno mai cancellare. Ho dato fondo a tutte le risorse possibili, nonostante le condizioni meteo avverse in tutta la prima metà di gara, nonostante i fastidi iniziali. Ho tirato, rischiando di andare fuori giri, ma non sono mai crollato. È una gara che mi rende molto orgoglioso di quanto fatto, in allenamento e in corsa. Ma non sono ancora arrivato. Al traguardo mancano ancora poche centinaia di metri. C'è l'ultima curva a destra. Guardo il cronometro e ho come paura di non riuscire a chiudere entro le 3h16'. È l'ultimo scatto, compiuto con forze inaspettate, ritrovate non so con quale modalità e in quale remoto angolo del mio stremato corpo. Non sarà 3h14'59" o 3h15'00", ma sara 3h15' e qualche secondo. Questo deve essere. E così sarà. Gli ultimi 500 metri, corsi ad un passo medio di 4'22"/km mi portano a chiudere la mia sesta maratona, la trentesima Haspa Marathon Hamburg, in 3h15'43". È nuovo record personale.

Ancora pochissimi metri...

Che fatica... le mani si portano rapidamente sulle ginocchia, immagine perfetta del mastodontico sacrificio fatto in gara. Ma la gioia, seppure non urlata come altre volte in passato, è incontenibile. Non ho nessuno da abbracciare questa volta. Devo tenermi tutta la soddisfazione dentro e forse questo è un qualcosa che mi permette di godere più a lungo del grande risultato ottenuto. Riesco a scambiare qualche parola con un podista che intuisco essere italiano. Con ciò che rimane delle mie gambe mi porto nella zona atleti. C'è frutta fresca che mi attende, serve riprendere energia in fretta. C'è una medaglia da mettere al collo, il più bel ricordo fisico di una grande avventura, lunga tre mesi e terminata come meglio non poteva in una piovosa giornata primaverile nel nord della Germania.

Il vincitore maschile, Lucas Rotich, chiude in 2.07.11

Recupero senza pochi patemi la mia borsa. A badare al deposito sono dei ragazzini, posso comprendere che non sappiano organizzarsi come degli adulti. Il primo pensiero va ovviamente a Giulia, che tanto ho pensato in corsa, soprattutto negli ultimi chilometri. In cui sognavo di abbracciarla forte al traguardo, cosciente che un esame me l'ha tenuta a casa. In cui sognavo di regalarle una gioia che la ripagasse dei suoi sacrifici, in quanto anche le compagne dei maratoneti fanno rinunce e considerevoli abnegazioni. Un messaggio per dirle che avevo finito, che ce l'avevo fatta, che non ho terminato in 3h15' ma che avevo dato tutto per farcela. E che comunque 3h15'43" è un gran risultato!

Lo spettacolo dei 42.195 km nel porto di Amburgo

Il mio tempo, può voler significare proprio niente. Io sono un granello di sabbia nella moltitudine di maratoneti nel mondo. E quanti corrono più veloci di me. Però questo io credo, che quello che ho compiuto domenica 26 aprile 2015 è un'impresa enorme nel momento in cui la si confronta con i milioni di persone che preferiscono passare la domenica sul divano, che preferiscono dire "non ce la farò mai", che sanno con facilità denigrarti ritenendoti pazzo. È nel confronto con loro, che io mi sento estremamente orgoglioso di essere un maratoneta, fiero di aver realizzato ciò che ho realizzato...

Ed una medaglia...

Chiudo questo mio racconto con un aneddoto. Insieme a centinaia di altri maratoneti, riporto me stesso in residence, desideroso di una doccia e di un letto. La metropolitana è ovviamente molto piena, ma riesco a trovare un piccolo posto a sedere. Che credo non avrei mollato per nulla al mondo. Di fianco a me c'è una signora di mezza età, con un cane. L'animale è accucciato sui piedi di lei, non sembra turbato dal bailamme che viene provocato in metropolitana dall'ingresso e dall'uscita di così tanti maratoneti. La signora mi sorride e dice "Es ist auch müde", "anche lui è stanco". Sorrido di rimando. Ma non può sapere cosa sia veramente correre 42,195 chilometri...
Bis bald!
Stefano

Le foto che non mi ritraggono sono state tratte dalla pagina Facebook di Haspa Marathon Hamburg.

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