mercoledì 3 agosto 2016

Il santuario delle otarie

Ciao a tutti!
Il villaggio di Hout Bay, giacente sull'omonima baia, può sembrare a prima vista una ridente borgata di mare, un manipolo di case di pescatori, con un piccolo (ma neanche tanto) porto in cui barche e pescherecci fanno a spallate tra loro. Invece Hout Bay, dietro il suo bastione principe, il verticalissimo Karbonkelberg, nasconde un grande tesoro. È un'isoletta di roccia, coperta qua e là di alghe. Si chiama Duiken Island, ma è ben più famosa per ben altri motivi. Essa è infatti conosciuta come il "santuario delle otarie".

Le otarie del Capo, quelle sveglie e quelle addormentate...

Hout Bay è a tutti gli effetti un piccolo porto, in cui le navi scaricano in continuazione tonni e aragoste dalle acque dell'oceano. Prende il nome dal fatto che quando venne scoperta (dall'olandese Jan van Riebeeck) era interamente ricoperta da foreste, foreste dalle quali venne ricavato il legname utile alla costruzione dei primi insediamenti di Città del Capo (hout significa legno, in olandese). La baia è stupenda, popolata da una fauna di prim'ordine (abbiamo avvistato anche numerosi delfini oltre a qualche sparuta balena) e circondata da una cornice di montagne che inizia ad ovest con il citato Karbonkelberg, meta di scalatori ed escursionisti e termina a est con il Constantiaberg e il Nordhoeek Peak, sotto il quale si fa largo la panoramica strada del Chapman's Peak Drive.

Il porto di Hout Bay

L'economia di Hout Bay, oltre alla pesca, si basa sul turismo e sui servizi di trasporto verso la Duiken Island. Con un traghetto, per raggiungere questa isola - meglio, un gruppo di scogli che emerge dalla superficie dell'oceano - serve una decina di minuti circa. Dalla barca non si può scendere (è vietatissimo sbarcare sulla Duiken Island!) ma il capitano del traghetto è molto bravo ad avvicinarsi quanto basta alle rocce dove vivono le otarie del Capo. Sono tantissime, centinaia! Per rendere l'idea, essere lì, a pochi metri di distanza da una colonia di otarie (oltre ad un consistente numero di volatili quali gabbiani e cormorani), è come essere dentro un documentario. Con la semplice differenza che la visita alla Duiken Island non è una banale esperienza visiva bidimensionale ma un'avventura sensoriale. Coinvolto anche l'olfatto: le otarie non emanano un buon odorino...

A testa alta...

Quanto ai sensi, le otarie brillano per vista e udito. Riescono a captare suoni a grande distanza e di qualsiasi natura, ed è questa una delle loro armi per difendersi dai predatori, in primis il grande squalo bianco - che non lontano da qui, nella False Bay, prolifera. D'altronde, Madre Natura doveva ripagare lo sgarbo fatto all'otaria. Quando le si osservano in movimento, è evidente quanto goffo e sgraziato sia questo animale.

Hout Bay vista dalla strada verso la Chapman's Peak Drive

Unica pecca di Duiken Island, volendo muovere una critica a questo luogo incantato, è che la sua colonia di otarie non sia riproduttiva. Non è qui che i piccoli dell'otaria vedono la luce, bensì più a nord, sulle coste atlantiche di Sudafrica e Namibia. I venti che spirano attorno al Capo di Buona Speranza sono troppo violenti per i cuccioli di otaria, che rischierebbero di essere portati via dalle onde. Meglio aspettare un anno dalla gestazione, a quell'età le piccole otarie sono pronte per il lungo viaggio (1600 chilometri!) verso le coste più meridionali del Sudafrica.

La verticalità della parete sud del Karbonkelberg

Ma non è per questa specie di..."mancanza" che sconsiglierei a tutti coloro che volessero recarsi in Sudafrica di non andare a Hout Bay ad ammirare le otarie del Capo. Animali meravigliosi, che vivono in totale pace ed armonia con la natura che le circonda. Animali unici, il cui privilegio di osservare ed ammirare non ci è concesso ogni giorno. Per questo, quando la prua del traghetto torna a puntare la costa di Hout Bay, è come se si chiudesse quella porticina che, per qualche minuto, si è aperta su una porzione di mondo che fino ad ora ci era stata celata...

Fuori dall'acqua, un altro colore

Bis bald!
Stefano

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